Google Ads porta traffico, ma se il sito non è all’altezza, nessuna campagna potrà convertirlo. Prima del traffico, serve una destinazione efficace.
Se il sito non converte, la pubblicità non basta

Perché anche la miglior pubblicità fallisce, se la destinazione non è all’altezza

Succede più spesso di quanto si pensi: un’azienda investe in una campagna Google Ads ben strutturata, con segmenti precisi, parole chiave ben scelte, annunci ben scritti. Il traffico arriva. Le impressioni si moltiplicano. I clic salgono.
Ma le conversioni restano ferme. A zero.
Ed è lì che parte la domanda: “Ma perché non funziona?”

La risposta, nove volte su dieci, è semplice: perché il sito non regge.

Il sito è parte della strategia. Non una cornice

Quando parliamo di pubblicità online, ci concentriamo spesso sulla campagna, sull’annuncio, sul targeting. Ma ci dimentichiamo che tutto questo ha un solo scopo: portare una persona su una pagina e convincerla a compiere un’azione. Se quella pagina non è all’altezza, l’intero impianto crolla.

Ho visto con i miei occhi siti aziendali realizzati con piattaforme improvvisate, con errori tecnici grossolani, tempi di caricamento eterni, contenuti generici, immagini sgranate e testi presi pari pari dalle brochure stampate nel 2010.
Siti che dovrebbero vendere tecnologia all’avanguardia… ma sembrano usciti da un epoca pre-digitale.

Il problema non è (solo) estetico. È funzionale

Non si tratta solo di “essere belli da vedere”. Si tratta di funzionare.
Un sito deve caricarsi rapidamente, comunicare subito il valore, accompagnare l’utente verso la conversione.
Google lo sa. E lo misura.
Se il sito è lento, disorganizzato, poco chiaro o tecnicamente scadente, Google lo penalizza.
Sai cosa succede?
Paghi di più per ogni clic.
Non è un’opinione. È un fatto. Il costo per clic non dipende solo dalla concorrenza o dalle parole chiave, ma anche dalla qualità della pagina di destinazione.

La landing page non è un dettaglio. È l’anello decisivo

Se un utente cerca “camicia uomo collo coreano rosa pois”, non puoi mandarlo sulla home page di un e-commerce generalista. Deve atterrare esattamente sulla pagina che mostra quel prodotto, con un testo che lo rassicura, immagini chiare, un prezzo visibile e un bottone “compra ora” ben evidente.
Più la corrispondenza è stretta tra annuncio, ricerca e pagina, più aumentano le probabilità di conversione.
Nel B2B, il principio è lo stesso, anche se la vendita è più complessa. Se stai offrendo un servizio tecnico o un prodotto ad alto costo, la landing deve fare un lavoro ancora più preciso: spiegare, convincere, attivare il contatto.

Il copy conta. Anche nel 2025

Spesso, nelle pagine prodotto di molti e-commerce italiani, trovo ancora descrizioni identiche a quelle del fornitore. Testi anonimi, freddi, tecnici, senza un minimo di personalizzazione.
Eppure, se hai pochi prodotti, hai l’occasione perfetta per trasformare ogni pagina in un piccolo venditore digitale.
Basta davvero poco: parlare al cliente, spiegare i benefici reali, differenziarsi.

Il copywriting è uno degli strumenti più potenti per accompagnare l’utente verso l’azione.
Eppure lo si tratta ancora come una voce secondaria di progetto.
Grave errore.

L’esperienza utente non è un lusso: è un dovere

Ultimo punto, ma non per importanza: la user experience.
Non basta avere un sito bello e veloce. Deve anche essere intuitivo, coerente, privo di ostacoli.
Un modulo contatti che non funziona, un bottone “Acquista” che sfugge allo sguardo, un menu confuso… sono tutte cose che fanno perdere clienti.
A volte basta un piccolo ostacolo per far uscire un utente dal funnel. E non tornerà.

La colpa (quasi) mai è della campagna

La parte più frustrante?
Che spesso, quando tutto va storto, la colpa viene data alla pubblicità.
Ma se un utente arriva sul tuo sito cercando esattamente ciò che vendi, e non compra, non compila, non chiama, forse — e dico forse — non è colpa della pubblicità.
Forse è il momento di guardare con più onestà a cosa trova quella persona, una volta che ci arriva.

In conclusione: investire nel sito, prima ancora che nella pubblicità

Smettiamola di vedere il sito come una cosa a parte, un lavoro “da sistemare prima o poi”.
Il sito è la tua campagna.
È la tua vetrina, il tuo venditore, il tuo punto di contatto, il tuo negozio.

E se non è in grado di vendere, nessuna pubblicità potrà salvarlo.

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