Come capire se stai davvero facendo marketing (o solo lanciando una monetina)
A volte arriva il cliente con un’idea. Ha un budget, ha fretta, ha un amico che ha detto che “Google funziona”. E quindi mi scrive, mi chiama, mi chiede se possiamo lanciare subito una campagna.
Quando sento frasi come “intanto buttiamo qualcosa online, poi vediamo che succede”, dentro di me si accende una spia. Non perché mi dia fastidio — ormai ci ho fatto l’abitudine — ma perché so cosa succede, quasi sempre, quando si parte così: si finisce per giudicare il mezzo e non il metodo.
Perché la verità è che nel marketing, come nella vita, c’è chi costruisce e c’è chi spera.
C’è chi si siede, ragiona, definisce un obiettivo e ci lavora con pazienza. E poi c’è chi lancia la moneta. E spera che cada dal lato giusto.
Il piano e il lancio nel vuoto
Quando parliamo di strategia, non parliamo di parole grosse. Parliamo di qualcosa di estremamente concreto. Una strategia è semplicemente un percorso: parto da qui, voglio arrivare lì, e scelgo i passi per farlo.
Se so cosa vendo, a chi lo vendo, e perché dovrebbe comprarlo, sto già impostando una mappa. Non mi sto muovendo a caso. Sto costruendo un sistema in cui ogni scelta — dalla keyword all’annuncio, dalla pagina al tono — ha una funzione. Anche quando non porta un risultato immediato.
La speranza, invece, è diversa. È quando fai una campagna perché “intanto qualcosa porta”.
Ma a chi? Perché? In che modo? Per quale tipo di cliente?
Sperare non è sbagliato. È umano. È l’impulso che ci muove. Ma se non lo sostieni con delle basi, diventa solo una scommessa. E le scommesse, si sa, non fanno crescere un’azienda. Fanno vincere una volta. E perdere nove.
Una storia (vera) che dice più di mille slide
Qualche tempo fa mi chiama una cliente: ha un salone, una spa. Mi dice che vorrebbe “fare un po’ di pubblicità”. Ma non ha idea di cosa promuovere, come farlo, con quali messaggi. Ha una lista infinita di servizi e nessun piano.
Sarebbe stato facile dire: ok, facciamo una campagna e vediamo come va.
In fondo, magari un po’ di gente entra.
Ma sarebbe stato un tiro nel buio.
Allora le ho detto: “Scegliamo una cosa sola. Un servizio che costi poco, che attiri l’attenzione, che porti le persone a entrare. Poi, una volta dentro, potrai proporre anche il resto.”
Abbiamo scelto la nail art: semplice, chiara, comprensibile, con un pubblico ben definito.
Abbiamo scritto un annuncio, creato una pagina, impostato un’offerta.
E ha funzionato.
Non perché abbiamo avuto fortuna. Ma perché, anche in piccolo, abbiamo costruito una strategia.
Perché anche una base semplice cambia tutto
Quella campagna non era perfetta. Non era avanzata. Ma non era casuale.
E la differenza è tutta lì.
Una strategia non deve essere complessa per funzionare. A volte basta fermarsi un attimo e dire: “Qual è la cosa più intelligente che possiamo fare con quello che abbiamo?”
Quando invece si parte d’impulso, con un “proviamo e vediamo”, si finisce spesso per:
- bruciare il budget nei primi giorni,
- giudicare uno strumento come “inutile” solo perché è stato usato male,
- o peggio: fermarsi proprio prima di iniziare a vedere i risultati.
È come correre per 8 chilometri verso una meta che ne dista 10, e mollare pensando che tanto non sarebbe cambiato nulla.
Ma magari eri a due passi dal traguardo.
Solo che non lo sapevi, perché non avevi una mappa.
Non tutto ciò che porta risultati è marketing
A volte anche le campagne fatte male portano qualche contatto. Succede.
La domanda è: che tipo di contatto? Con quale costo? E con quale margine? E, soprattutto, con quale possibilità di replicare?
Se non sai rispondere, non stai facendo marketing. Stai giocando al casinò.
Il marketing non è un esperimento casuale. È un processo. E il processo, anche quando non funziona subito, ti lascia dei dati. Ti lascia degli indicatori. Ti permette di correggere il tiro, imparare, crescere.
Senza strategia, tutto questo si perde.
E rischi di fare mille tentativi senza mai costruire nulla di solido.
Strategia o speranza? Le due non si escludono
La speranza non è il nemico. Anzi: spesso è la spinta iniziale.
Ma una volta che hai deciso di metterti in gioco, la speranza deve lasciare il posto alla costruzione.
Perché una campagna pubblicitaria, un investimento, un messaggio al tuo pubblico… non sono cose da lanciare nel vuoto. Sono mattoni. E con i mattoni si costruisce.
Anche un piano semplice, anche un’idea minima, se è coerente, ti porta più lontano di un colpo di fortuna isolato.
In conclusione: fai domande, costruisci, misura
Ogni volta che pensi “facciamo pubblicità per vedere che succede”, fermati.
E chiediti:
- A chi sto parlando?
- Con quale messaggio?
- Per ottenere cosa?
- E con quale criterio valuterò se ha funzionato?
Se non hai risposte a queste domande, non stai facendo marketing. Stai sperando.
E la speranza è una forza potente. Ma se la metti sulle spalle di una buona strategia, allora sì che può davvero farti andare lontano.